11/06/2025

UBS AM: Sell America, caratteristiche e limiti

  • La narrativa macroeconomica di quest’anno ha virato dall’eccezionalismo americano al “Sell America”.
  • Pensiamo che gli investitori con sovrappeso su asset statunitensi abbiano buoni motivi per cercare una maggiore diversificazione geografica su un orizzonte strategico.
  • Ci sono limiti alla riallocazione del portafoglio: siamo convinti che i mercati statunitensi offrano ancora una liquidità senza pari e altri vantaggi strutturali.
  • Nulla si muove senza imprevisti. Pensiamo che nelle azioni statunitensi vi siano margini di sovraperformance tattica che potrebbero creare opportunità nei prossimi mesi. 

All’inizio del 2025, la maggior parte degli investitori era convinta dell’eccezionalismo americano. Si prevedeva che i tagli fiscali e il programma di deregolamentazione del presidente Trump avrebbero stimolato le prospettive di crescita e utili negli Stati Uniti, mentre i dazi avrebbero avuto un impatto negativo sul resto del mondo. Gli investitori hanno avviato l’anno sovrappesati sui titoli statunitensi e sul dollaro USA.

La decisione di Trump di “sfidare il mondo” a livello commerciale ha fatto sì che il peggior deterioramento delle prospettive di crescita si registrasse proprio negli Stati Uniti. L’emergere di DeepSeek ha messo in discussione il predominio statunitense nel campo dell’IA e ha rafforzato le azioni cinesi. La minaccia di revoca dello scudo difensivo statunitense ha spinto la Germania a un cambio generazionale nella politica fiscale. Tutti questi sviluppi hanno contribuito a far sì che lo S&P 500 sottoperformasse l’MSCI All-Country World ex US del 14% da inizio anno.

Riteniamo che gli investitori con un forte sovrappeso sugli Stati Uniti abbiano validi motivi per ridurre l’esposizione. Le prospettive economiche degli Stati Uniti sono un po’ meno eccezionali e gli asset un po' più rischiosi, mentre le valutazioni relative di azioni e valute sono ancora elevate. Vi sono, però, limiti all’entità e alla velocità con cui gli investitori possono o dovrebbero diversificare i propri investimenti al di fuori degli Stati Uniti, considerando la liquidità e i vantaggi strutturali che i mercati statunitensi offrono. Infine, la riallocazione del portafoglio non avviene in modo lineare e riteniamo vi sia margine per una sovraperformance tattica nelle azioni statunitensi. Questo potrebbe creare opportunità di diversificazione strategica in altri mercati nei prossimi mesi per i portafogli che presentano già un sovrappeso significativo sugli Stati Uniti. 

Riallocare strategicamente il portafoglio ha senso

L’economia statunitense e, in particolare, gli utili del settore tecnologico hanno offerto rendimenti straordinari rispetto al resto del mondo.

Intravediamo catalizzatori per un ulteriore mean reversion, ritornando alle medie di lungo periodo. Il rallentamento dell’immigrazione negli Stati Uniti ridurrà la forza lavoro e il potenziale di crescita. I dazi rappresentano uno shock sull’offerta che andrà a ridurre la marginalità delle imprese e aumentare l’inflazione. I Paesi stanno rispondendo ai cambi della politica statunitense aumentando il sostegno fiscale, il che dovrebbe ridurre i differenziali di crescita. Nel frattempo, la crescita degli utili nel settore tecnologico rimane solida negli Stati Uniti, ma si assiste a una normalizzazione rispetto ai mercati globali.

Negli ultimi anni le correlazioni dei rendimenti tra le diverse aree geografiche si sono affievolite. Su questo fenomeno incidono, tra altri fattori, la concentrazione tecnologica negli Stati Uniti e le diverse politiche fiscali dei vari Paesi. Considerando queste dinamiche e la più ampia “deglobalizzazione” in atto, riteniamo che vi siano buoni motivi per ritenere che le correlazioni regionali rimarranno inferiori alla loro media storica. Questo è importante perché, anche se gli Stati Uniti dovessero leggermente sovraperformare, una minore correlazione significa che una maggiore diversificazione potrebbe ridurre la volatilità complessiva del portafoglio, aumentando i rendimenti corretti per il rischio.

Diversificare geograficamente nel reddito fisso appare una scelta sensata. La dinamica del debito statunitense è sempre più preoccupante e il pacchetto di misure fiscali in discussione al Congresso rischia di aggravare una situazione già insostenibile. I dazi stanno generando per gli Stati Uniti uno shock dell’offerta, che potrebbe aumentare l’inflazione e limitare la capacità della Fed di rispondere al rallentamento della crescita. Le banche centrali dei Paesi extra-USA si trovano ad affrontare solo uno shock della domanda, imputabile ai dazi, e dovrebbero avere un margine di manovra maggiore per allentare la politica monetaria, lasciando maggior spazio di rialzo per le obbligazioni regionali.

A livello valutario, una crescita statunitense meno eccezionale dovrebbe pesare sull’USD. Molti grandi investitori istituzionali extra-USA detengono posizioni in asset statunitensi senza copertura valutaria. UBS Investment Bank stima che gli investitori esteri detengano asset statunitensi con un rapporto di copertura valutaria del 20% per le azioni e del 50% per i titoli a reddito fisso. Il recente passaggio da una correlazione negativa a una positiva tra azioni statunitensi e USD dovrebbe incentivare gli investitori extra-USA ad aumentare le coperture sull’USD per ridurre il rischio di perdite sia in termini di rendimento degli asset sottostanti che valutari. Questo dovrebbe esercitare una pressione strutturale sull’USD sopravvalutato nei prossimi anni.

 

I limiti del “Sell America”

Al contempo, ci sono limiti all’entità e alla velocità con cui gli investitori possono disinvestire dai mercati statunitensi. A nostro avviso, per le loro dimensioni i mercati statunitensi riescono ad assorbire grandi operazioni con impatti sui prezzi minori rispetto alla maggior parte degli altri mercati.

I mercati di molti altri Paesi sono più piccoli o meno liquidi: deflussi copiosi da asset statunitensi verso asset esteri potrebbero travolgere alcuni mercati: l’intero mercato azionario dell’eurozona è appena la metà di quello statunitense e i mercati emergenti sono anche più piccoli. Pertanto, le istituzioni spesso mantengono un sovrappeso in asset statunitensi semplicemente perché in questi mercati riescono ad allocare importi ingenti in modo efficiente.

Inoltre, gli Stati Uniti vantano un lungo track record di solida corporate governance, trasparenza finanziaria e tutele giuridiche. Questo infonde fiducia di un minor rischio operativo e di governance per le allocazioni di grandi dimensioni in asset statunitensi.

Tuttavia, la tassazione dei redditi da investimento, una misura attualmente allo studio da parte dell’amministrazione Trump e del Congresso, potrebbe cambiare questa percezione.

 

Percorso vs. destinazione

Per quanto si possa abbracciare il tema del “Sell America” a breve termine, in un’ottica tattica potrebbe risultare esagerato.

Su un orizzonte tattico (3-6 mesi), riteniamo che le azioni statunitensi possano sovraperformare per diversi motivi. Il primo è il sentiment contrarian e il posizionamento sulle azioni statunitensi, che potrebbero facilmente registrare un rimbalzo in caso di sviluppi positivi dell’economia e della politica statunitense. In secondo luogo, dopo la stagione dei risultati del primo trimestre, gli utili statunitensi hanno superato quelli di altre regioni e i piani di spesa in conto capitale per le infrastrutture di IA sono stati confermati, rinvigorendo il sentiment sul tema dell’IA. In terzo luogo, la debolezza del dollaro da inizio anno rappresenta un elemento di sostegno per i titoli large cap statunitensi con esposizione internazionale e, allo stesso tempo, un elemento di freno per i titoli non statunitensi in valuta locale. Per questo motivo, è probabile che le revisioni degli EPS risultino più positive negli Stati Uniti rispetto ad altre regioni, che potrebbero risentire del rafforzamento della valuta. In quarto luogo, storicamente i prossimi tre-quattro mesi hanno registrato una stagionalità negativa dei dati economici e, di conseguenza, le azioni europee hanno sovraperformato quelle statunitensi solo nel 30% dei casi durante l’estate.

 

Asset Allocation

Abbiamo potenziato tatticamente le azioni statunitensi, poiché riteniamo che il posizionamento lieve, la debolezza del dollaro e i solidi fondamentali degli utili offrano sostegno a breve termine. Al contempo, abbiamo sottopesato tatticamente le azioni europee, poiché riteniamo che la sovraperformance di quest’anno rifletta già il miglioramento delle prospettive macroeconomiche e pensiamo che il rafforzamento dell’euro possa ostacolare la crescita dei ricavi.

In Europa continuiamo a sovrappesare le banche europee con un dividend yield interessante intorno al 6% e valutazioni convenienti che non riflettono i solidi fondamentali. Se gli Stati Uniti dovessero sovraperformare nel breve termine, come prevediamo, questo potrebbe offrire agli investitori molto sovrappesati al mercato statunitense l’opportunità di adeguare la propria allocazione strategica per renderla più equilibrata.

Abbiamo rivisto al rialzo le azioni dei mercati emergenti e le valute dopo la de-escalation sui dazi tra Stati Uniti e Cina. Il carry valutario sta diventando sempre più interessante, poiché prevediamo che l’economia rimarrà in una fase di stallo: né abbastanza calda da spingere i rendimenti verso livelli significativamente più elevati, né abbastanza fredda da creare timori per la crescita. Tra le valute, privilegiamo quelle dei mercati emergenti che offrono un carry reale elevato, tra cui il BRL e l’INR.

Analogamente, riteniamo che un contesto caratterizzato da un miglioramento del carry e da rendimenti sempre elevati non giochi a favore del detenere asset “rifugio”, almeno su un orizzonte tattico. Di conseguenza, abbiamo eliminato le nostre posizioni lunghe tattiche sul JPY e sull’oro, che hanno entrambi registrato una solida performance da inizio anno e potrebbero risentire del posizionamento affollato.

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