31/01/2025

UBS AM: obbligazioni in focus

 

  • Dopo quattro anni consecutivi di rialzo dei rendimenti decennali statunitensi, in questo inizio 2025 la duration si prospetta come interessante.
  • Rispetto alle attese del consensus, i rischi per la crescita e l’inflazione non sono più orientati al rialzo, proprio quando il mercato ormai esclude un allentamento di rilievo da parte della Fed.
  • Le politiche della nuova amministrazione saranno probabilmente meno inflazionistiche e la funzione di reazione della Fed ai dazi meno aggressiva.
  • In questo avvio di 2025 apprezziamo azioni e obbligazioni, utilizzando al contempo un’esposizione lunga selettiva sull’USD a copertura di un’eventuale rivalutazione aggressiva della Fed o di un aumento significativo dei dazi.

 

Di Evan Brown, Head of Multi-Asset Strategy, UBS Asset Management 

Il 2024 è stato il quarto anno consecutivo di rialzo per i rendimenti statunitensi, un evento che non si registrava dall’inizio degli anni ‘80. Negli ultimi anni siamo stati pazienti sovrappesando la duration nei nostri portafogli multi-asset, poiché vedevamo rischi per la crescita nominale degli Stati Uniti tendere al rialzo rispetto alle attese del consensus.

In questo inizio 2025, il mercato prevede che la Federal Reserve sia giunta quasi al termine della sua campagna di allentamento, in un momento in cui i rischi rispetto alle attese di crescita del consensus sono più equilibrati di quanto siano stati nel corso del ciclo. Inoltre, riteniamo che le politiche della nuova amministrazione avranno un effetto meno inflazionistico di quanto ci si aspetta. Nel complesso, il rapporto rischio-rendimento della duration è migliorato e ipotizziamo di aggiungere un’esposizione a titoli di Stato e credito selettivo nei momenti di calo. 

Un’impostazione diversa

Le previsioni di crescita del consensus per il 2023 e 2024 sono risultate di gran lunga inferiori ai risultati effettivi conseguiti dall’economia. I solidi bilanci del settore privato, la robusta crescita dei redditi a supporto dei consumi e il prolungato sostegno della politica fiscale hanno alimentato la crescita nonostante il forte aumento dei tassi di interesse registrato nel 2022-2023. Ora il consensus si è riallineato e per quest’anno prevede una crescita del PIL reale del 2,2%.

Sebbene riteniamo improbabile una recessione, l'economia non sembra così brillante come negli anni precedenti. Il mercato del lavoro è ancora in fase di raffreddamento, anche se i dati sui salari sono stati forti. L'attività residenziale continua a faticare in presenza di tassi ipotecari elevati e anche la spesa delle imprese si è indebolita. Questi dati suggeriscono che i tassi ai livelli attuali potrebbero essere ancora restrittivi.

Nel frattempo, riteniamo che la tendenza di fondo dell'inflazione sia inferiore, al netto dei potenziali effetti una tantum derivanti da dazi doganali. 

Fed, dazi e immigrazione

Queste prospettive più bilanciate per la crescita e l’inflazione giungono in un momento in cui il mercato dei tassi è diventato più aggressivo. I rendimenti decennali statunitensi sono cresciuti di 100 punti base da quando la Fed ha avviato il suo ciclo di allentamento, con un taglio di 50 punti base a settembre. Subito dopo quella riunione, si prevedevano ulteriori 10 tagli (da 25 pb) fino al 2025. Due sono stati effettuati rispettivamente a novembre e dicembre, ma il mercato ora se ne aspetta solo altri 1-2 nel 2025.

La Fed ha preso una direzione aggressiva, passando, nel documento Sintesi delle proiezioni economiche del Federal Open Market Committee (FOMC) di dicembre, da quattro a due tagli nel 2025 allineandosi al mercato. Tuttavia, la Fed prevede di effettuare due ulteriori tagli nel 2026 e il presidente Powell ha sottolineato di considerare la politica ancora “significativamente restrittiva”.

È importante rilevare che la Fed ha rivisto al rialzo le previsioni sul PCE core, portandole dal 2,2% al 2,5% quest’anno. Questo cambio di aspettative è imputabile in parte all’aumento dell’inflazione registrato a settembre e ottobre, ma alcuni membri hanno iniziato a considerare nel loro quadro e nelle loro proiezioni anche gli effetti delle politiche della nuova amministrazione.

Sebbene le politiche commerciali di Trump siano accompagnate da grande incertezza, non siamo convinti che a un aumento significativo dei dazi seguirebbe una virata molto aggressiva della Fed, per tre motivi.

In primo luogo, se da un lato i dazi aumentano l’inflazione, dall’altro dovrebbero essere considerati più come un balzo una tantum dei livelli di prezzo rispetto a una forza inflazionistica persistente. In secondo luogo, i dazi non alzano solo i prezzi, ma indeboliscono la crescita. Avendo la Fed un duplice mandato, dovrebbe essere sensibile ai potenziali impatti sull’occupazione. Infine, i dazi del 2018 avevano provocato un forte calo degli asset rischiosi e un inasprimento delle condizioni finanziarie, portando in ultima istanza la Fed ad adottare una posizione accomodante e non aggressiva.

Un altro potenziale shock dell’offerta negativo potrebbe arrivare dalla volontà della nuova amministrazione di ridurre l’immigrazione, citata come potenziale fonte di inflazione: i flussi immigratori netti stanno già diminuendo rapidamente e l’incertezza riguarda le dimensioni delle espulsioni sotto la presidenza che potrebbero una contrazione del mercato del lavoro, rallentando la crescita della manodopera e un aumento dei salari. Negli ultimi anni l’aumento dell’immigrazione aveva dato impulso alla crescita, quindi è ragionevole supporre che un’inversione di tendenza sarebbe negativa. 

I rischi fiscali sono meno netti

L’agenda fiscale di Trump ha sollevato anche timori sull’inflazione e sul conseguente aumento dei premi di rischio sulle obbligazioni.

L’attuale mandato di Trump è finalizzato ad avere meno inflazione. Il nuovo Segretario al Tesoro, Scott Bessent, sostiene che la sua attenzione alla riforma fiscale, alla deregolamentazione e all’aumento di produzione di energia potrebbero generare una crescita non inflazionistica. In secondo luogo, rispetto al rischio che l’espansione fiscale determini inflazione, riteniamo che un eventuale aumento del deficit fiscale incontrerà maggiore resistenza. Bessent ha già delineato un piano per ridurre il deficit di bilancio al 3% del PIL entro il 2028, concentrandosi su tagli alla spesa discrezionale.

Nel frattempo, i rendimenti dei Treasury a più lunga scadenza sono arrivati a un livello che, a nostro avviso, compensa in parte questi rischi fiscali e di inflazione. La curva dei rendimenti si è irripidita anche grazie all’aumento dei premi per scadenza. 

Asset Allocation

Per il 2025 prediligiamo azioni e obbligazioni. Sebbene le azioni non siano convenienti, siamo ancora del parere che la buona crescita, gli utili sani, la disinflazione e l’allentamento monetario in corso a livello globale possano trainare in modo significativo la performance degli asset rischiosi. I Treasury statunitensi rimangono la nostra principale copertura per gli asset rischiosi contro le sorprese al ribasso della crescita. Con gli spread delle obbligazioni societarie statunitensi storicamente contratti, il credito è più orientato al carry che all’aumento dei prezzi; i rendimenti all-in restano interessanti. Il rischio principale per la nostra asset allocation è un potenziale aumento della correlazione tra azioni e obbligazioni, determinato dai timori di accelerazione dell’inflazione e/o maggiore aggressività della Fed. Stiamo gestendo questi rischi nella costruzione del nostro portafoglio, anche attraverso i cambi: le posizioni selettive lunghe in USD rispetto a EUR e CNH dovrebbero infatti ottenere risultati nel caso di una rivalutazione aggressiva della Fed (nonché in caso di escalation dei dazi). L’aumento di timori per il deficit degli Stati Uniti potrebbe portare a un indebolimento del dollaro, ma non abbiamo ancora osservato elementi a conferma di una rottura della correlazione tra i differenziali di rendimento degli Stati Uniti con altri Paesi omologhi e il biglietto verde. Stiamo monitorando attentamente questo rischio e abbiamo i mezzi per reagire in modo flessibile qualora intervenissero variazioni in queste dinamiche.

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