L'elezione di Donald Trump all'inizio di ottobre ha inizialmente spinto il dollaro al rialzo, con la valuta stata sostenuta dalla prospettiva di tariffe più elevate e di misure di stimolo per l'economia statunitense. La volontà di Trump di riformare il sistema commerciale e finanziario globale potrebbe tuttavia portare a un calo del biglietto verde nel medio-lungo termine. Il recente calo della valuta potrebbe essere l'inizio di una tendenza di fondo più profonda e il secondo mandato di Trump potrebbe vedere il dollaro perdere lo status dominante di cui ha goduto nell'ultimo decennio.
Fine dell'età dell'oro per il dollaro Usa? Un momento spesso annunciato a causa dell'impennata del debito pubblico, ma il dollaro ha quasi sistematicamente battuto le previsioni negli ultimi 15 anni. Sostenuto dallo status di riserva valutaria e di bene rifugio in un contesto geopolitico teso, dall'eccezionalismo americano e dalla dinamica positiva dei tassi d'interesse, il dollaro è cresciuto costantemente ed è ora ampiamente sopravvalutato. L'insieme di questi fattori ha spinto molti investitori internazionali a mantenere un'ampia quota dei propri investimenti esposta al dollaro. Col passare del tempo hanno pero dimenticato i rischi di questa sovraesposizione.
Dal 2008 e dalla crisi dei subprime, il Dollar Index (prezzo medio del dollaro rispetto a un paniere di valute globali) è salito di oltre il 40%, con pochi episodi di debolezza (solo quattro anni ribassisti negli ultimi 15). Ma negli ultimi giorni, l'indebolimento dei fondamentali ha portato il dollaro a una correzione al ribasso. I recenti dati economici degli Stati Uniti, inferiori alle aspettative, e le preoccupazioni per il settore tecnologico del Paese hanno sollevato dubbi sulla tenuta dell'economia americana. Nel frattempo, l'annuncio storico di un vasto piano di investimenti in Germania e di un piano di spesa per la difesa in Europa, che implicherebbe una probabile revisione delle regole fiscali, e la speranza che il conflitto in Ucraina si concluda presto, hanno migliorato il sentimento degli investitori in Europa. Il dollaro ha risentito di questo cambiamento di percezione e ha già perso il 4% rispetto alla valuta europea (dal picco di inizio anno), mentre l'indice globale del dollaro è sceso del 5%.
Sebbene l'impatto di questi fattori sia già notevole, la guerra commerciale di Trump e i suoi piani di ristrutturazione del sistema finanziario globale mettono il dollaro ancora più a rischio. Questa ristrutturazione, teorizzata da Miran, consigliere economico senior di Donald Trump, si basa sulla convinzione che il dollaro debba deprezzarsi per consentire la reindustrializzazione degli Stati Uniti. Le tariffe sono un elemento centrale della sua strategia, che spinge gli altri Paesi a raggiungere un accordo sulle valute. Questo accordo è chiamato “accordo di Mar-a-Lago”, simile agli accordi valutari del passato, denominati in base al luogo in cui sono stati firmati (come Bretton Woods, 1944, Plaza, 1985 e Louvres (1987).
La teoria di Miran si basa, tra gli altri, sui seguenti fattori:
. Nel 2018, l'impatto della guerra commerciale era stato in gran parte mitigato dalla deviazione di alcune importazioni cinesi attraverso paesi di transito. Ciò ha spinto Trump a imporre dazi generalizzati, soprattutto perché il suo obiettivo era anche aumentare il peso dei dazi nel reddito complessivo dello stato federale.
. A differenza del 2018, i dazi non sono intesi come un semplice strumento di negoziazione, ma come uno strumento economico con diversi obiettivi: 1/ ripristinare l'equilibrio commerciale del paese; 2/ sanzionare i paesi per motivi economici o di sicurezza nazionale; 3/ generare entrate fiscali per ridurre il deficit del paese.
. La sopravvalutazione del dollaro deriva dall'accumulo di riserve in dollari da parte di governi alla ricerca di un rifugio sicuro. Tuttavia, questa tendenza si è già invertita negli ultimi anni e potrebbe accelerare ulteriormente se il sistema finanziario globale fosse messo in discussione.
. La "de-dollarizzazione" è già in corso. Il peso del dollaro nelle riserve valutarie globali è in calo accelerato sin dalle sanzioni contro la Russia e la tendenza dovrebbe proseguire a causa dello scontro avviato dall’amministrazione Trump.
La prima conseguenza della "de-dollarizzazione" è stata l’impennata del prezzo dell’oro, diventato il principale asset di riserva in assenza di una valuta in grado di offrire una vera alternativa al dollaro. L’oncia d’oro è aumentata di oltre il 60%, raggiungendo i 2.920 dollari statunitensi. Un accordo valutario "Mar-a-Lago" sarà tuttavia difficile da raggiungere. I tempi sono cambiati rispetto all’accordo del Plaza. Oggi, gran parte delle riserve in dollari del mondo sono detenute da paesi asiatici e mediorientali, e non più dai paesi europei. È probabile che i primi saranno meno concilianti con gli Stati Uniti rispetto agli europei durante la Guerra Fredda. La guerra commerciale e le tensioni e negoziazioni che ne seguiranno dovrebbero alimentare una maggiore volatilità nei mercati valutari nei prossimi mesi. Le politiche monetarie a tasso zero attuate dalle principali banche centrali mondiali tra il 2011 e il 2022 avevano anestetizzato i mercati valutari. Questa mancanza di volatilità, unita a un dollaro forte, aveva spinto molti investitori ad allontanarsi dal rischio valutario e a trascurare le strategie di copertura valutaria degli ultimi anni. Questo rischio oggi non può più essere ignorato.