Per la prima volta dopo molti anni, il quadro sta migliorando per le azioni non statunitensi. Ci sono nuovi fattori che accelerano il cambiamento: gli stimoli fiscali in Germania, le riforme sulla governance aziendale in Giappone e Corea del Sud, l'indebolimento del dollaro, i segnali di stabilizzazione in Cina e il miglioramento del contesto politico in Europa.
Dall'annuncio dei dazi del 2 aprile, le azioni statunitensi e non statunitensi hanno registrato una forte correlazione, come ci si aspetterebbe in un periodo di elevata volatilità dei mercati. Una volta che la situazione si sarà stabilizzata, le prospettive per le azioni non statunitensi sembrano positive. Le valutazioni iniziali sono molto più basse rispetto a quelle statunitensi. Molte società non statunitensi hanno business domestici non esposti alle turbolenze politiche statunitensi e in alcune regioni la corporate governance sta migliorando.
E sui mercati valutari, i movimenti suggeriscono la possibilità di un rallentamento della crescita statunitense, una politica più accomodante da parte della Federal Reserve e tassi di interesse reali più bassi. Il dollaro appare meno attraente, poiché il differenziale dei tassi reali (corretti per l'inflazione) tra gli Stati Uniti e gli altri paesi si è ridotto.
Lo stimolo tedesco dà un nuovo slancio all'Europa
In Europa si parla di un momento “whatever it takes”. Gli Stati membri dell'Unione Europea sono concentrati sulla ripresa economica, alla luce di un rapporto sulla competitività redatto dall'economista ed ex primo ministro italiano Mario Draghi, nonché delle crescenti tensioni commerciali con i principali partner commerciali, quali Stati Uniti e Cina.
La Germania, la più grande economia europea e spesso nota per la sua austerity, ha annunciato a marzo un importante stimolo fiscale, uno dei cambiamenti politici più significativi dalla riunificazione della Germania Est e Ovest nel 1990. Si avverte inoltre la sensazione che il contesto normativo possa diventare più favorevole agli investimenti e aperto al cambiamento.
Gli stimoli dalla Germania andranno a beneficio dell'Europa e nei prossimi tre anni potremmo assistere a un rafforzamento del ciclo industriale. Detto ciò, ci vorrà tempo prima che gli stimoli vengano attuati e producano i loro effetti sulle economie.
Le banche commerciali europee, che sono diventate più redditizie e hanno accumulato riserve di capitale significative, sono pronte a beneficiare degli investimenti pubblici, così come le società legate alla difesa, ai materiali da costruzione e alle infrastrutture. Alcune società interessanti, quali ad esempio le compagnie assicurative europee, gli operatori di telecomunicazioni e i fornitori di servizi di pubblica utilità, sono considerate resilienti e in grado di pagare dividendi, con un'esposizione minima ai dazi. Alcune potrebbero trarre vantaggio da un ulteriore rafforzamento dell'euro rispetto al dollaro.
In Europa c'è una maggiore consapevolezza della necessità di essere autosufficienti. Il fatto che l'Europa sia concentrata sul sostegno alla propria economia di fronte a quella che considera una politica ostile da parte degli Stati Uniti avrà probabilmente ripercussioni positive per molte aziende.
Potrebbe essere necessario attendere fino al 2026 per assistere a una ripresa significativa della crescita in Europa, dato l'impatto a breve termine dell'incertezza sui dazi. Inoltre, l'attuazione delle misure rimane incerta sotto il nuovo cancelliere tedesco Friedrich Merz. Quest'ultimo ha inizialmente incontrato difficoltà nell'ottenere i voti necessari, il che potrebbe rappresentare una battuta d'arresto nel suo tentativo di ottenere un consenso più ampio all'interno della Germania e da altri paesi europei che spingono per riforme più rapide.
Il Giappone potrebbe ricevere una spinta dalle riforme commerciali e aziendali
Il Giappone potrebbe trarre vantaggio dal cambiamento delle alleanze commerciali. Il tasso tariffario medio del Paese rimane tra i più bassi al mondo, evidenziando il potenziale per negoziati produttivi in un contesto di crescenti timori di una guerra commerciale.
Negli ultimi anni, il Giappone è emerso come una potenza del libero scambio, grazie ad accordi quali il JEFTA, TPP e RCEP. Ha stipulato accordi commerciali e digitali con gli Stati Uniti durante la prima amministrazione Trump e continua a collaborare in settori quali le reti 5G, l'esplorazione dello spazio e la ricerca medica.
Anche il Giappone sta vivendo una rinascita della corporate governance. Le riforme relative alla redditività hanno ancora molta strada da fare e hanno contribuito a generare rendimenti robusti per l'indice MSCI Japan dal 2023.
Le valutazioni rimangono interessanti
Negli ultimi anni, le valutazioni più convenienti rispetto alle società statunitensi simili sono state l'argomento principale a favore delle azioni non statunitensi. Tuttavia, nuovi catalizzatori stanno cambiando lo scenario per la prima volta dopo anni. Inoltre, in un contesto caratterizzato dall'aumento della spesa per le infrastrutture, i mercati non statunitensi sono più diversificati e hanno un peso maggiore nei settori dell'industria pesante, dell'energia, dei materiali e dei prodotti chimici rispetto all'indice S&P 500.
L'indice MSCI ACWI ex USA scambia a 13 volte gli utili su base forward a 12 mesi, mentre l'indice MSCI EAFE (mercati internazionali sviluppati) scambia a 14 volte gli utili, entrambi vicini alle medie decennali e con uno sconto sostanziale rispetto all'indice S&P 500, che scambia a 20 volte gli utili. Naturalmente, le azioni non statunitensi sono state a lungo poco costose per un motivo ben preciso. Negli ultimi dieci anni, la crescita degli utili è stata modesta rispetto agli Stati Uniti e al loro vivace settore tecnologico. Se la crescita degli utili dovesse riprendere nei mercati non statunitensi, i rapporti prezzo/utili potrebbero registrare un rialzo.