Considerato l’aumento dei rischi di inflazione, è probabile che la Federal Reserve possa essere costretta a rallentare il ritmo dell'allentamento della sua politica monetaria. L’Eurozona, al contrario, potrebbe muoversi in direzione opposta. Infatti, l’elezione di Donald Trump potrebbe incoraggiare la Banca Centrale Europea ad accelerare il processo di riduzione dei tassi, dal momento che, con una crescita debole, una potenziale guerra commerciale con gli Stati Uniti rischierebbe di spingere l’Eurozona sull’orlo della recessione.
Su entrambe le sponde dell’Atlantico, i mercati hanno già rivisto in modo significativo le loro aspettative sulle politiche monetarie. Il tasso previsto dalla Federal Reserve per la fine del 2025 è stato quindi rivisto dal 2,8% di metà settembre al 3,6% alla vigilia delle elezioni, per poi superare il 3,9% tre settimane dopo. Nel frattempo, dopo le elezioni le aspettative sui tassi europei per la fine del 2025 sono diminuite di quasi 30 punti base, tornando al livello di 1,8% di metà settembre. Questa divergenza tra i due è messa ulteriormente in evidenza dai movimenti sulla parte lunga della curva dei rendimenti, dove lo spread dei tassi a 10 anni tra gli Stati Uniti e l’Eurozona è aumentato di 30 pb nel periodo tra le elezioni statunitensi del 5 Novembre e il 22 Novembre, superando i 200 pb.
Agli occhi dei mercati, lo “sweep” repubblicano – ossia, la vittoria della presidenza e della maggioranza sia alla Camera dei Rappresentati che al Senato da parte del partito di Donald Trump – aumenta la probabilità dell'attuazione di un programma potenzialmente inflazionistico. Inoltre, anche se la proposta di nominare Scott Bessent come Segretario al Tesoro dovrebbe rassicurare i mercati riguardo le questioni fiscali, le nomine previste per altre posizioni chiave all’interno del futuro governo mettono in dubbio il fatto che la nuova amministrazione possa seguire un approccio moderato. Questa incertezza sulle prospettive economiche e monetarie, insieme all’aumento del premio per il rischio inflazionistico, potrebbe comportare un aumento del premio a scadenza sui tassi a lungo termine statunitensi.
Le aspettative dei mercati riflettono già in parte le possibili conseguenze dell'elezione di Donald Trump. Nei prossimi mesi, queste aspettative evolveranno in base alle misure che verranno effettivamente adottate oltreoceano, il che potrebbe portare a periodi di volatilità. Tuttavia, la traiettoria che seguiranno i tassi in luce dell’elezione di Donald Trump è chiara, ed è probabile che si mantenga un ampio differenziale tra i tassi statunitensi e quelli europei. Questo differenziale tra le curve dei rendimenti potrebbe addirittura ampliarsi ulteriormente nel caso in cui la nuova amministrazione americana realizzasse la maggior parte delle promesse elettorali di Donald Trump.
Per quel che riguarda i mercati valutari, sebbene Donald Trump vorrebbe un dollaro più debole, è più probabile che questo si rafforzi, considerata la traiettoria su cui Trump sembra voler condurre l’economia statunitense. In effetti, gli aggiustamenti nelle aspettative di politica monetaria hanno già giocato a favore della valuta statunitense, che si è apprezzata di quasi il 5% contro l'euro nelle tre settimane successive all'elezione di Trump, proseguendo una tendenza iniziata già prima del voto del 5 novembre.
Il dollaro potrebbe essere sostenuto anche dalla politica fiscale. Misure come l'estensione degli sgravi fiscali per le famiglie o la riduzione delle imposte sulle imprese, che rafforzerebbero l’“eccezionalismo” americano, potrebbero fornire ulteriore supporto al dollaro statunitense, almeno nel breve termine. Tuttavia, l'incertezza riguardo alle misure della nuova amministrazione potrebbe portare a una volatilità a breve termine per la valuta.
I potenziali sviluppi della politica fiscale nell’Eurozona potrebbero, tuttavia, attenuare o addirittura invertire la tendenza tra le due valute. In Germania, ad esempio, l’esito delle elezioni del prossimo febbraio potrebbe portare a un cambiamento di rotta nella politica fiscale, con misure a sostegno dell’attività economica. Ciò potrebbe portare a un aumento delle emissioni obbligazionarie, esercitando pressioni al rialzo sui tassi d’interesse tedeschi, che a loro volta potrebbero contribuire all’apprezzamento dell’euro.
Le conseguenze delle elezioni statunitensi sui mercati obbligazionari e valutari sono evidenti. Costituiscono, tuttavia, un paradosso per il futuro Presidente. Con una politica monetaria più restrittiva del previsto, tassi di interesse più alti e un dollaro più forte, il programma proposto da Donald Trump durante la sua campagna elettorale contraddice il suo desiderio di voler beneficiare di tassi di interesse bassi e di un dollaro debole. Il prossimo inquilino della Casa Bianca, quindi, dovrà continuare a fare i conti con gli effetti delle proprie politiche economiche. Ciò potrebbe renderlo ancora più imprevedibile e riaccendere le tensioni con coloro che lui stesso definisce "quegli idioti" della Fed[1].
[1] Nel settembre 2019, Donald Trump ha attaccato violentemente i funzionari della Fed su Twitter, che ha definito " boneheads " in inglese, accusandoli di non seguire il movimento dei tassi di interesse ultra-bassi, addirittura negativi, in altre parti del paese il mondo : https://www.reuters.com/article/world/uk/note-to-trump-negative-rates-have-delivered-few-positive-results-idUSKCN1VW2R7/