DISOCCUPAZIONE USA 02/07/2015
I dati sulla disoccupazione Americana di giugno, anticipati a oggi per la festività del 4 luglio che cade di sabato, sono usciti un po’ più deboli del previsto.
Per quanto riguarda i dati che provengono dal survey delle aziende sono stati creati 223 mila nuovi posti di lavoro contro una media di 250 mila negli ultimi 12 mesi. Sono state poi riviste al ribasso le stime di maggio da 280 mila a 254 mila.
Negativo anche l’aumento delle retribuzioni media, pari al 2,0% contro ilo 2,3% atteso e del mese precedente.
Per quanto riguarda invece i dati provenienti dal survey delle famiglie il tasso di disoccupazione è sceso dal 5,5% al 5,3% a causa della diminuzione di 375 mila unità dei disoccupati a 8,3 milioni. La forza lavoro è scesa però maggiormente, di 432 mila unità (lo stesso numero dell’aumento de mese precedente), e questo spiega la flessione del tasso di disoccupazione superiore alle attese.
Il rapporto occupati/popolazione totale è fermo da mesi al 59,3%.
I dati sulla disoccupazione continuano a dimostrarsi i più solidi tra i principali quattro indicatori insieme ai redditi reali, mentre le vendite al dettaglio e la produzione industriale continuano a muoversi nella direzione opposta.
I dati sulla disoccupazione americana sono quelli che hanno un impatto maggiore sui mercati finanziari, ma la metodologia di calcolo è poco considerata.
Alle 8:30 del primo venerdì del mese il Bureau of Labor annuncia i dati sulla disoccupazione americana del mese precedente, che sono il risultato di due surveys: Current Population Survey (CPS) e il Current Employment Statistics (CES).
Il primo fornisce informazioni sulla forza lavoro, occupazione e disoccupazione basandosi su un questionario diretto a circa 60 mila famiglie, mentre il secondo fornisce informazioni sull’occupazione, ore lavorate e remunerazione oraria basandosi sui dati provenienti da circa 143 aziende e agenzie governative escludendo il settore agricolo. E’ un campione molto ampio, che copre circa un terzo dei lavoratori americani.
Per entrambi i survey vengono considerati i dati della settimana che include il 12 di ogni mese.
Nel survey CPS ogni individuo sopra i 16 anni viene classificato come occupato, disoccupato o fuori dalla forza lavoro. Vengono definiti disoccupati i lavoratori che non hanno lavorato nella settimana di riferimento, ma che hanno cercato attivamente un’occupazione nella quattro settimane precedenti. La somma dei lavoratori occupati e di quelli disoccupati costituisce la forza lavoro, che esclude quindi i lavoratori fuori dalla forza lavoro. Il tasso di disoccupazione è il rapporto tra i disoccupati e la forza lavoro, mentre il tasso di partecipazione è il rapporto tra gli occupati e l’intera popolazione.
Le differenze tra i due survey sono notevoli:
nel CPS vengono inclusi anche i lavoratori agricoli e i lavoratori autonomi, esclusi da CES, mentre vengono inclusi solo i lavoratori con più di 16 anni, mentre il CES non considera questa variabile. Per finire nel CPS i lavoratori vengono contati solo una volta, mentre nel CES un lavoratore che riceve due cedolini da due datori diversi viene contato due volte.
Queste divergenze portano spesso a risultati apparentemente divergenti come un aumento degli occupati accompagnato da un aumento del tasso di disoccupazione e viceversa.
Entrambi i survey sono soggetti a notevoli correzioni per la stagionalità dei dati. Ad esempio un fattore che ha un notevole impatto sul primo survey è la chiusura delle scuole che comporta un notevole aumento della forza lavoro in giugno, e allo stesso tempo comporta una riduzione del 20% dell’occupazione rilevata nel CES che poi risale all’inizio di ottobre.
Ogni mese vengono ricalcolati i dati dei due mesi precedenti per includere dati giunti in ritardo e per riaggiustamenti dei fattori di destagionalizzazione. Per questo motivo il dato sulla variazione degli occupati viene definita preliminare, e solo dopo due mesi è da considerare definitiva.

L’intervallo di confidenza di questa stima è del 90%, vale a dire che c’è il 90% di probabilità che la variazione effettiva sia compresa all’interno di un range definito da 1,6 volte la deviazione standard dei risultati mensili: è un valore attualmente intorno alle 105 mila unità, e pertanto se la stima è di 200 mila nuovi occupati c’è una probabilità del 90% che il vero valore sia compreso tra 95 mila e 305 unità.