01/03/2023

Asset Allocation Marzo 2023

L'obiettivo a 4300 per l'SP500 non è stato ancora raggiunto e avremo bisogno di un rimbalzo dei tecnologici per arrivarci, livello dove è consigliabile ridurre significativamente l'esposizione sui mercati azionari.

I mercati obbligazionari hanno perso terreno in febbraio a causa dei dati sfavorevoli dell'inflazione USA, ma rendimenti dei Treasurys decennali sopra al 4% sono interessanti in un'ottica di lungo termine.  Più pericolosi i titoli ad alto rendimento.

MERCATI OBBLIGAZIONARI
Il mese di febbraio è stato negativo per i mercati obbligazionari a causa dei dati sull'inflazione peggiori del previsto sia in Europa che negli Stati Uniti: il rientro delle pressioni inflazionistiche appare più lento delle attese degli investitori e si teme che le banche centrali debbano proseguire nel rialzo dei tassi nei prossimi mesi.
Il dato dell'inflazione americana di gennaio ha mostrato una flessione al 6,4% dal 6,5% del mese precedente, ma con una variazione mensile dello 0,5%. La variazione dell'indice Core che esclude i prezzi energetici e degli alimentari è scesa leggermente al 5,6%, ma a sua volta con una variazione mensile dello 0,4% che ha sorpreso gli analisti. Anche l'indice dei prezzi Core che viene utilizzato per deflazionare la spesa dei consumatori è aumentato dello 0,6% nel mese e il tendenziale è addirittura salito da 4,6% a 4,7%.
Ne hanno risentito in particolare i Treasurys più a breve, con il rendimento del titolo a due anni che ha chiuso il mese al 4,8%, nuovo massimo degli ultimi anni. Il rendimento del decennale è finito a 3,94% mantenendosi però sotto ai massimi dell'ottobre scorso a 4,25% (grafico a destra).
Hanno perso terreno anche i mercati europei, con il rendimento del Bund decennale che è salito al 2,65% superando il massimo dell'anno scorso (grafico in basso a destra), mentre quello del BTP è salito al 4,58%.
Cosa aspettarsi per i prossimi mesi?
Dopo la delusione di gennaio ci attendiamo dei dati più favorevoli nei prossimi mesi dal fronte inflazionistico e la fine della fase di rialzo dei tassi a breve, anche se poi saranno destinati a rimanese su livelli elevati epr la seconda metà dell'anno.
I mercati obbligazionari dovrebbero trarne beneficio e i rendimenti dei Treasurys sopra al 4% dovrebbero rivelarsi un buon investimento in un'ottica di lungo termine essendo plausibile attendersi una ridiscesa al 3,5% nei prossimi mesi.
Appaiono più rischiosi i titoli ad alto rendimento, non essendo chiaro l'impatto del rallentamento della congiuntura globale sui default dei titoli corporate.
MERCATI AZIONARI
L'andamento degli indici azionari non è stato omogeneo il mese scorso, in quanto quelli europei hanno proseguito il rialzo dei tre mesi trecendenti, mentre Wall Street ha ritracciato metà del rally di gennaio.

Mentre l’indice SP500 a 3950 punti rimane del 20% inferiore al massimo del 2021 a 4800 punti (grafico a destra), lo Stoxx50 europeo dista solo il 2% dal massimo precedente (grafico in basso), mentre il Nikkei si muove ormai da un anno intorno a quota 27500 senza un trend.

La migliore performance degli indici europei è spiegata dall’andamento diverso degli indici settoriali nel corso dell’ultimo anno: la correzione dei titoli tecnologici e il rialzo di quelli finanziari ed energetici hanno inevitabilmente penalizzato il Nasdaq a favore degli indici europei, dove prevalgono i titoli di questi due settori.

Il mese scorso consigliavamo di ridurre l’esposizione azionaria con l’approssimarsi di quota 4300 per l’SP500, ma l’indice si è fermato 100 punti sotto: la strategia rimane quella di ridurre l’esposizione azionaria al 50% sopra quota 4200 e al 30% a quota 4300, essendo poco probabile che l’indice torni sul massimo del 2021.

Un probabile rimbalzo dei titoli tecnologici dovrebbe però permettere al mercato di tornare intorno a quota 4300, livello dove il rapporto rischio/rendimento diventerà però sfavorevole alle posizioni rialziste.

Al di là dell’esposizione azionaria continuiamo a favorire i titoli Value e quelli Growth e a sottolineare l’importanza dello stock picking rispetto all’asset allocation.  I mercati europei e quelli emergenti dovrebbero continuare a sovraperformare quello americano, che è ancora costoso in termini di rapporto prezzo/utili.

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