15/05/2020

Riflettori puntati sulla Solvibilità

Dal crollo avvenuto nel Marzo scorso, con l’espandersi della pandemia da Covid-19 e il crollo dei prezzi del petrolio, ingenti iniezioni di liquidità da parte delle Banche Centrali e interventi straordinari da parte dei governi hanno mantenuto a galla le aziende. Ma la fase nella quale stiamo entrando pone la solvibilità, in opposizione alla liquidità, come priorità per società e investitori.
Quelle società che presentano elevati livelli di indebitamento, solitamente dovuti al finanziamento del riacquisto di azioni o al mantenimento dei guadagni, sono ora quelle che più faticano ad ottenere i capitali richiesti per far fronte al progressivo ritorno all’attività.

Questo perché, se la gran parte delle società possedevano sufficienti fondi per far fronte all’iniziale lockdown, un perdurare dell’oscillazione del tasso di infettività del virus rende tutta la situazione più difficile da affrontare.

Ripristinare la confidenza dei consumatori nel 2021 e oltre, in contemporanea con i crescenti tassi di disoccupazione, potrebbe essere una difficile sfida da vincere. Il Tesoro americano ha aumentato di altri tre miliardi di dollari il proprio apporto al pacchetto di misure di stimolo dell’economia, che ora ammonta a 25 miliardi di dollari, e molti altri apporti potrebbero seguire. In Europa, un supporto concreto alle nazioni più colpite e indebolite, come l’Italia, sarà cruciale per evitare un’altra stagione di crisi del debito sovrano.

C’è una forte attenzione sulla solvibilità delle società, ma anche fiducia nell’impostazione futura delle politiche. E questa questione della fiducia sarà di cruciale importanza nei prossimi mesi.

I Governi e le Banche Centrali dei paesi emergenti stanno cercando di fare tutto il possibile, ma senza la potenza di forza dei mercati sviluppati. Pertanto è necessario ridefinire le metriche di rischio sulla base della nazione presa in conto. A livello dei fondamentali societari, gli analisti tracciano le potenziali curve di ripresa a livello settoriale e di singola società su più orizzonti temporali e a riguardo di tematiche quali il drastico calo della domanda petrolifera e l’aumento dell’acquisto online di beni e servizi, a scapito di quello effettuato fisicamente.
Da questa crisi ne escono potenziali vincitori settori quali la tecnologia e la sanità, mentre quelli più penalizzati saranno quelli dell’hospitality, dei trasporti e gli energetici.

Forte è l’attenzione anche sui dividendi. Se inizialmente questi siano stati tagliati o congelati per far fronte ai problemi di liquidità delle singole società, sono presto diventati una questione politica, in quanto diversi governi hanno intimato alle società che hanno ricevuto supporto statale, sia che esso sia diretto o indiretto, di cancellare il pagamento dei dividendi. Se il taglio dei dividendi può impattare sul futuro costo dell’equity, ci si aspetta dai mercati una maggiore attenzione alla sostenibilità dei modelli di business delle società e sulla loro capacità di pagare, nel lungo termine, regolari dividendi e, dall’altro lato, di individuare quelle società sempre più dipendenti dalla ciclicità economica e che presentano bilanci non così solidi quanto ci si aspettasse.
Ad esempio, nel mercato energetico, società più dipendenti dai combustibili fossili hanno subito maggiormente l’impatto del crollo dei prezzi del petrolio, mentre le rinnovabili hanno continuato a mantenere un certo livello di stabilità.

Osservando questa divergenza, gli investitori molto probabilmente rivedranno i valori dei propri investimenti in società non sostenibili nel lungo periodo, a differenza delle società più sostenibili, rafforzate e influenzate dai bassi tassi di interesse che verranno mantenuti per un lungo periodo.

Naturalmente, nei casi in cui si sarà reso necessario l’intervento statale, questo inevitabilmente avrà un sostanzioso impatto sui rendimenti.
Ci si aspetta l’applicazione di queste analisi di solvibilità e flussi anche nei mercati di private equity, analogamente alle società quotate sui mercati regolamentati. Prima della crisi si era verificato un aumento del leverage, da livelli “conservativi” di 4-5 volte l’EBITDA, a anche 8-9 volte l’EBITDA, riducendo notevolmente i margini di sicurezza.
Se nei mercati quotati la correzione delle valutazioni è avvenuta in maniera repentina, questa svalutazione avrà un’evoluzione più lenta nei mercati di private equity, mantenendo un rischio di insolvenza non minore di quello dei mercati quotati, anche per via delle maggiori difficoltà di accesso alla liquidità fornita dalle autorità.

Diversi investitori si sono dimostrati prudenti nei propri investimenti, definendo al meglio il loro peso in termini di asset allocation. Ma la realtà è che le reali valutazioni degli asset sono ancora in corso di formazione, e il processo di rifinanziamento necessiterà di diversi mesi per funzionare al meglio. Potremmo osservare forti difficoltà in diversi settori economici e per molte società.

Queste correzioni delle valutazioni nei mercati quotati e di private equity possono creare diverse opportunità di investimento, purché gli investitori sappiano adeguatamente compensare i rischi di insolvenza con l’aumento delle valutazioni.

Contributo a cura di
Andrew McCaffery - Global CIO Asset Management
Romain Boscher - Global CIO, Equities

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