UBP – Cambio euro/dollaro verso quota 1,25, attesa per le reazioni della BCE

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A cura di Peter Kinsella, Global Head of Forex Strategy, UBP

 

Dall'insediamento di Donald Trump a metà gennaio, il dollaro statunitense ha perso poco più del 10% rispetto alla maggior parte delle valute dei mercati sviluppati e si prevedono ulteriori ribassi.

 

DAL TRAMP TRADE AL TRUMP "DUMP"

Dall'insediamento di Donald Trump a metà gennaio, l'indice del dollaro USA ha perso circa il 10%. Le prospettive di un aumento dell'inflazione legato ai dazi e le previsioni di una crescita del PIL più contenuta hanno avvicinato gli Stati Uniti (anche se non completamente) a uno scenario di stagflazione, sempre deleterio per qualsiasi valuta. Le correlazioni degli Stati Uniti con gli indici azionari e i rendimenti a lungo termine sono crollate, il che significa che il dollaro USA è stato scambiato ben al di sotto dei livelli previsti dai differenziali dei tassi di interesse standard con le altre valute dei mercati sviluppati. Le valute dei Paesi con surplus delle partite correnti hanno registrato rendimenti più elevati rispetto al dollaro USA dopo l'annuncio dei dazi, suggerendo che gli investitori internazionali hanno deciso di coprire le loro esposizioni in dollari. Ciò è in linea con i dati sui flussi di fondi, che mostrano che gli investitori europei sono stati venditori netti di azioni statunitensi nel primo trimestre e all'inizio del secondo trimestre.

Osserviamo che la maggior parte dei rapporti di copertura valutaria degli investitori istituzionali si attestava su livelli storicamente bassi prima dell'annuncio dei dazi da parte di Trump, e le significative interruzioni nella correlazione sopra menzionate suggeriscono che gli investitori istituzionali potrebbero ora adottare un approccio diverso alla costruzione dei portafogli. Ciò significa che le decisioni relative alla copertura valutaria potrebbero diventare una priorità. Prevediamo che i requisiti di copertura in essere potrebbero mantenere il dollaro USA sotto pressione nei prossimi mesi. 

 

FED: TAGLI DEI TASSI E INDIPENDENZA

Trump non ha mai nascosto il suo desiderio di sostituire o rimuovere il presidente della Federal Reserve Powell e di volere che la Fed tagli i tassi a livelli significativamente più bassi. Licenziare o rimuovere Powell è estremamente difficile dal punto di vista legale e riteniamo che, se Trump ne avesse avuto la possibilità, lo avrebbe già fatto. A nostro avviso, quando il nuovo presidente della Fed sarà nominato nel corso dell'anno, probabilmente fornirà al mercato indicazioni chiare sulla portata dei futuri tagli dei tassi. Ciò limiterà l'entità dell'eventuale indebolimento del dollaro, ma riteniamo che la crescente interferenza politica nel processo decisionale della Fed finirà per pesare sull’USD e comporterà rischi al rialzo per i rendimenti obbligazionari statunitensi a più lungo termine.

Ci sono tre candidati di spicco per sostituire Powell: Hassett, Warsh e Waller. Ognuno di loro ha sottolineato la necessità di abbassare i tassi di interesse, affermando che il mercato del lavoro negli Stati Uniti è in stallo e che la Fed non deve aspettare che la situazione peggiori ulteriormente. Waller ha osservato che l'inflazione legata ai dazi sarà un evento isolato piuttosto che un fenomeno ricorrente o cumulativo, il che significa che la Fed dovrebbe guardare oltre qualsiasi rimbalzo dell'inflazione complessiva nei prossimi mesi.

Riteniamo che qualsiasi aumento a breve termine dell'inflazione statunitense possa pesare sul dollaro, poiché comporterebbe un calo dei tassi di interesse reali negli Stati Uniti. Sebbene i differenziali dei tassi di interesse nominali mostrino una correlazione minore con il dollaro negli ultimi mesi, gli spread dei tassi reali (corretti per l'inflazione) indicano un indebolimento persistente del dollaro. I significativi investimenti fiscali della Germania in infrastrutture e difesa hanno determinato un aumento delle aspettative sui tassi reali tedeschi e nell'eurozona e riteniamo che questa divergenza possa spingere il cambio EUR/USD al rialzo, verso livelli intorno a 1,20 entro la fine dell'anno. 

 

LA RETORICA TARIFFARIA SI SCONTRA CON LA REALTA'

L'amministrazione Trump vuole che il deficit commerciale e quello delle partite correnti degli Stati Uniti si riducano rapidamente nei prossimi anni, per una serie di ragioni. Da un punto di vista economico, qualsiasi contrazione rapida del deficit commerciale e delle partite correnti degli USA sarà compensata da una riduzione del conto capitale statunitense, il che significa che gli Stati Uniti registreranno un deflusso di capitali. Di conseguenza, possiamo aspettarci che ulteriori deflussi di capitali porteranno nel tempo a un indebolimento del tasso di cambio del dollaro USA. L'amministrazione Trump non ha nascosto il proprio desiderio di ottenere un tasso di cambio più debole per il dollaro e crediamo che le valutazioni delle valute saranno uno dei temi trattati nei prossimi accordi commerciali bilaterali con il Giappone e l'UE nei prossimi mesi.

La BCE ha accolto con favore l'apprezzamento dell'euro dall'inizio dell'anno, poiché ridurrà gli effetti dell'inflazione importata nell'economia dell'eurozona. La BCE diventerà probabilmente sempre più preoccupata se il cambio EUR/USD salirà verso quota 1,25; tuttavia, ricordiamo che le aziende europee erano competitive anche quando il cambio EUR/USD era a livelli di 1,40 e 1,50 in passato. Il problema questa volta è che la domanda di importazioni dalla Cina è limitata, il che potrebbe ridurre la tolleranza della BCE nei confronti di un tasso di cambio dell'euro significativamente più forte.

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