C’è poco da aggiungere a quanto scritto il mese precedente:
“Nel corso della seconda metà di gennaio abbiamo assistito a una modesta correzione degli indici azionari a seguito dell'espandersi dell'epidemia in Cina e la chiusura negativa è un primo segnale di inizio di una fase di correzione che dovrebbe ridimensionare gli indici di almeno il 10%. Le valutazioni dei mercati rimangono storicamente molto elevate.
I mercati obbligazionari sono tornati vicini ai massimo storici scommettendo su ulteriori ribassi dei tassi americani da qui a fine anno. I titoli ad alto rendimento appaiono piuttosto a rischio in una fase di rallentamento della congiuntura.
L'esposizione azionaria preferita rimane limitata al 20% in attesa di prezzi più interessanti.”
MERCATI AZIONARI
Il mese di febbraio ha assistito a una delle correzioni più ampie e veloci dei mercati azionari dalla crisi del 2008, con perdite del 15% circa per gli indici americani e quelli europei. Nonostante i segnali di diffusione del coronavirus fuori dalla Cina fossero disponibili da giorni gli indici sono rimasti vicini ai massimi storici sino al 21 febbraio per poi crollare nel corso dell’ultima settimana del mese.
La principale motivazione della prevedibile correzione è da trovare nelle valutazioni troppo elevate raggiunte, intorno a 23 volte gli utili dei quattro trimestri precedenti per l’indice SP500 (grafico a destra), soprattutto considerando le previsioni di rallentamento della congiuntura globale per l’anno in corso. La diffusione del virus in Corea del Sud e in Europa è stata la scusa per prendere i profitti nonostante i segnali di miglioramento della situazione in Cina, con 16 province che hanno ridotto il livello di allerta.
L’impatto è stato certamente significativo sul settore del turismo, ma anche il settore manifatturiero ha subito la riduzione dell’offerta di semilavorati dalla Cina, e in generale è aumentata la prudenza dei consumatori con un impatto sulla domanda difficile da prevedere sia nell’intensità che nella durata.
E’ quindi comprensibile l’ampia correzione della scorsa settimana mentre lo era meno il livello raggiunto dai mercati nelle settimane precedenti: è ora probabile che il panico sui mercati spinga le borse verso una reazione esagerata al ribasso. Per l’indice SP500 abbiamo due obiettivi naturali, il minimo di fine 2018 a 2345 punti e il retracement del 61,8% del rialzo iniziato a tale livello, che troviamo intorno a quota 2745 punti (grafico a destra). Per l’indice Stoxx600 un obiettivo potrebbe essere quota 360 (grafico in basso).
L’ampiezza e la durata della correzione in corso ovviamente dipenderanno da quella della diffusione del virus e dalla reazione dei mercati alle probabili nuove iniziative di allentamento monetario e forse anche fiscale: è molto probabile che la Federal Reserve riduca di mezzo punto percentuale i tassi già nel mese di marzo. Le straordinarie misure di contenimento adottate in Cina, ma anche i Italia, dovrebbero la diffusione del virus, ma l’effetto sulla crescita globale nel primo trimestre sarà comunque significativo: per l’intero 2020 l’OCSE ha ridotto le previsioni di crescita globale dal 2,9% di novembre al 2,4% attuale.
L’attuale fase di correzione dei mercati azionari offrirà presto una buona opportunità per aumentare l’esposizione sui mercati azionari, ma sembra prematuro aumentare l’esposizione consigliata oltre il 20% attuale ed è meglio attendere flessioni di un altro 5-10% degli indici per incrementare al 40% le posizioni.
A parte l’epidemia in corso sono presenti altri fattori di rischio per i mercati quali le elezioni americane: un peggioramento della diffusione del virus negli Stati Uniti ridurrebbe la probabilità di rielezione di Trump nonostante la debolezza della compagine democratica.
MERCATI OBBLIGAZIONARI
Le prospettive di marcato rallentamento della congiuntura e di ulteriori riduzioni dei tassi da parte delle banche centrali hanno spinto i rendimenti obbligazionari a lungo termine verso nuovi minimo storici: il Treasury decennale è sceso sino all’1,06% (grafico a destra) e quello del Bund a -0,66%.
Sinora l’impatto sui titoli ad alto rendimento è stato ordinato, con l’indice degli high yield in dollari che ha perso solo il -4% dai massimo di febbraio (grafico in basso), ma questo comparto presenta notevoli rischi soprattutto se inizierà una fase di downgrading emittenti BBB che a catena si trasmetterà Investment Grade.
E’ quindi consigliabile ridurre il credit risk dei portafogli obbligazionari accontentandosi dei rendimenti nulli dei titoli di Stato.