ASSET ALLOCATION
L'ampio rimbalzo dei mercati azionari ha riportato le quotazioni a livelli troppo elevati e pertanto riduciamo nuovamente l'esposizione azionaria al 20%.
Sul fronte obbligazionario non vediamo rischi per i titoli di Stato dei paesi sviluppati, mentre aumenta notevolmente il rischio dei titoli corporate.
MERCATI OBBLIGAZIONARI
L’ampio rimbalzo dei mercati azionari di aprile non ha avuto un impatto significativo sui mercati obbligazionari, che hanno mostrato una volatilità molto ridotta rispetto a quella di marzo se guardiamo ai titoli di Stato: la trading range del TBond è stata compresa tra 177,5 e 183 punti, mentre nel corso del mese precedente era stata compresa tra 167,2 a 192. Quella del decennale è stata limitata a due punti tra 137,50 e 139,50 con il rendimento che chiude il mese a 0,59% (grafico a destra).
Il rendimento del Bund decennale chiude il mese sui minimi a -0,58%.
Il comparto dei titoli ad alto rendimento ha seguito l’azionario con l’ETF HYG in dollari che ha riguadagnato oltre dieci punti dai minimi di fine marzo (grafico Bloomberg in basso a destra).
L’apparente maggiore equilibrio dei mercati obbligazionari è solo apparente e la situazione rimane esplosiva con gli acquisti delle banche centrali che riescono per il momento a rimandare il giorno del giudizio. La situazione era già difficile prima della crisi del coronavirus con il debito corporate americano che a fine 2019 aveva raggiunto i 10 trilioni di dollari avvicinandosi al record del 50% del PIL. Inoltre i titoli BBB rappresentano più del 50% del totale e sono iniziati i downgrade a Junk Bonds: la Ford è stato il primo grande emittente a perdere la tripla B con quasi 36 miliardi di dollari di debito.
Negli ultimi cinque anni le aziende che compongono l’indice SP500 hanno riacquistato azioni per 2,7 trilioni di dollari emettendo obbligazioni per 2,5 trilioni.
La crisi attuale ha quindi colto i mercati obbligazionari in una fase di aumento del leverage mentre si riducevano i cash flow aziendali e quindi le banche centrali dovranno risolvere il problema dell’eccessivo debito con ulteriore debito, acquistando sempre più emissioni non Investment Grade.
Lo scenario quindi impone una notevole prudenza e consiglia di puntare sui titoli di Stato con rating maggiore, in quanto nonostante stia esplodendo l’offerta a causa delle politiche fiscali molto espansive la domanda delle banche centrali permetterà il finanziamento dei disavanzi: al momento non c’è rischio che l’esplosione delle passività delle banche centrali portino ad un aumento dell’inflazione, e al contrario il rischio maggiore è quello della deflazione con rischi notevoli per le aziende maggiormente indebitate.
MERCATI AZIONARI
Il mese di aprile è stato il migliore degli ultimi 30 anni per Wall Street con un rialzo superiore al 12% (grafico a destra). Il Dax ha recuperato il 9,3%, Parigi il 4,2% e Milano il 3,75% mentre Tokyo risale del 7,2%.
Il rimbalzo dei mercati era prevedibile dopo una discesa molto ampia e veloce e in considerazione dello stimolo monetario e fiscale deciso in tutti i paesi sviluppati, ma appare ora esagerato considerando il crollo della domanda nel bimestre marzo/aprile e soprattutto il fatto che il recupero sarà molto lento nei prossimi mesi.
I mercati azionari erano notevolmente sopravvalutati a fine 2019 considerando il rallentamento della congiuntura e a fine aprile quello americano si riavvicina ai massimi storici nonostante il notevole shock di domanda di questi ultimi mesi: evidentemente gli investitori ritengono che la situazione tornerà alla normalità nei prossimi mesi e che le valutazioni attuali dei mercati azionari siano nuovamente attraenti.
E’ però improbabile che la domanda ritorni velocemente ai livelli di fine 2019 nonostante i massicci interventi di politica fiscale dei principali paesi; la previsione degli utili del 2020 per l’indice SP500 è scesa a 110 dollari con una diminuzione del 20% sul 2019, ma quella del 2021 è a 148 dollari, il 6% superiore agli utili del 2019 (grafico a destra).
Gli investitori non stanno considerando il fatto che la congiuntura era già in fase di rallentamento prima dello shock dell’epidemia e che una risalita degli utili nel 2021 sopra a quelli del 2019 era già poco credibile. Inoltre è esploso il debito sovrano e quello corporate e nonostante l’intervento delle banche centrali in acquisto di ingenti quantitativi di titoli obbligazionari questo aumento del debito avrà un impatto sulla congiuntura globale: sicuramente le aziende saranno molto più caute negli investimenti futuri e alcuni settori come quello energetico e del trasporto areo hanno ridimensionato significativamente la spesa in conto capitale per l’anno in corso. Lo stesso per il settore del turismo e dei beni di consumo discrezionali. L’enorme aumento della disoccupazione non rientrerà velocemente e la spesa dei consumatori non tornerà presto sui livelli del 2019.
A fronte di questo scenario macro molto debole e notevolmente incerto le valutazioni dei mercati azionari dovrebbero essere più caute, anche perchè sta venendo a mancare il principale fattore che ha sostenuto la domanda di azioni negli ultimi anni, vale a dire il riacquisto di azioni proprie. Da notare poi come il rialzo di Wall Street sia stato legato a quello dei soliti cinque titoli, con un nuovo massimo storico di Amazon sull’aspettativa che il gigante dell’e-commerce avrebbe tratto vantaggio dal nuovo scenario macro, delusa dalla trimestrale annunciata la scorsa settimana.
Gli interventi delle banche centrali hanno un impatto solo sui mercati finanziari e non sull’economia reale e gli stimoli fiscali difficilmente riusciranno ad arginare il crollo della domanda degli ultimi mesi. Sono poi da attendersi significativi aumenti delle crisi aziendali e una riduzione dei dividendi e dei buybacks.
I rapporti prezzo/utili attuali appaiono quindi esagerati ed è quindi consigliabile ridurre nuovamente l’esposizione azionaria limitandola al massimo al 20% del portafoglio, favorendo i settori difensivi.