Capital Group: Tassi d'interesse negativi in vista anche negli Stati Uniti?
A cura di Pramod Atluri, gestore di portafoglio obbligazionario di Capital Group
I timori di una recessione economica, l'inflazione anemica e la fuga verso la qualità hanno fatto precipitare i tassi d'interesse statunitensi in queste ultime settimane. La fuga verso gli strumenti sicuri ha spinto i rendimenti dei Treasury USA trentennali sotto il 2% per la prima volta nella storia, mentre i rendimenti biennali hanno superato quelli decennali - un'inversione della curva che spesso in passato ha segnalato l'arrivo imminente di una recessione.
Ad agosto l'ammontare complessivo di obbligazioni con rendimenti sotto lo zero nel mondo sviluppato ha toccato il record assoluto superando i 15.400 miliardi di dollari, una cifra nettamente superiore al precedente picco di 12.000 miliardi del 2016. Oggi, poco più di un quarto di tutte le obbligazioni investment grade nei mercati sviluppati mondiali corrisponde rendimenti negativi. Ciò significa che gli investitori devono pagare gli emittenti perché detengano i loro soldi, una situazione che tende a verificarsi nelle fasi di incertezza economica, quando gli acquirenti si riversano in massa sugli investimenti ritenuti sicuri.
Una volta, i rendimenti negativi erano una peculiarità del debito a breve termine (due anni o meno), mentre di recente il fenomeno si è esteso in maniera molto più marcata che in passato anche ai titoli a più lunga scadenza (cinque e dieci anni). Le obbligazioni che supportano il porto sicuro dell'Eurozona, la Germania, sono in territorio ampiamente negativo, e il rendimento del Bund trentennale è sceso per la prima volta sotto lo zero.
I rendimenti negativi sono da anni la norma nei mercati obbligazionari giapponesi e dell'Eurozona - per fare un esempio, a inizio agosto il 100% dei Bund tedeschi offriva tassi negativi. Malgrado il recente tracollo dei rendimenti dei Treasury, appare improbabile che gli Stati Uniti registrino rendimenti negativi nel breve termine, in un contesto di crescita economica. Crediamo che la strategia della Fed assomiglierà a quanto fatto in occasione della crisi finanziaria: tagli progressivi dei tassi fino allo zero - se necessario - e uso delle indicazioni prospettiche come strumento. La Fed potrebbe anche decidere di acquistare obbligazioni, come accaduto nell'ambito del piano di quantitative easing.
Diversi fattori lasciano supporre che, pur escludendo una discesa in territorio negativo, i tassi d'interesse statunitensi rimarranno bassi. La domanda globale di obbligazioni di alta qualità con rendimenti positivi rimane sostenuta, con i Treasury che, malgrado le tensioni commerciali, l'aumento del debito pubblico americano e i timori recessivi, continuano a essere visti come un bene rifugio, soprattutto durante le fasi di incertezza. Ciò ha impresso slancio alla domanda mondiale di questi titoli su tutte le scadenze. Su base non coperta, inoltre, risultano relativamente competitivi se confrontati ai tassi negativi offerti dai titoli di Stato tedeschi e giapponesi.
L'indebolimento della crescita globale, inoltre, ha indotto la Fed a mantenere un orientamento decisamente espansivo, benché la crescita economica americana rimanga discreta e il mercato del lavoro sia solido.
A questo si aggiungono le esili pressioni inflazionistiche registrate in gran parte del mondo sviluppato. Anche il rallentamento in Cina, tra le maggiori consumatrici di materie prime industriali, ha contribuito a tenere a freno l'inflazione. L'assenza di inflazione è un fenomeno riconducibile a ragioni strutturali: il costo del lavoro è rimasto contenuto in quanto molte industrie vengono automatizzate o utilizzano manodopera estera a più basso costo. Le dinamiche demografiche sono un'altra probabile causa, con i trend demografici globali che puntano a un futuro di breve termine in cui la crescita rimane bassa negli Stati Uniti e in molti altri paesi. Questi sviluppi, unitamente alla disponibilità di tecnologie più economiche e potenti, potrebbero continuare a spingere al ribasso l'inflazione e i rendimenti in tutto il mondo.
Pertanto, man mano che le popolazioni invecchiano e si espandono più lentamente, le tecnologie più avanzate ed economiche (si pensi ad esempio all'automazione) riducono il fabbisogno di investimenti in conto capitale che aiutano l'economia a crescere. Al posto della spesa per investimenti, molte aziende hanno diretto la propria liquidità su operazioni di fusione e acquisizione, riacquisti azionari e attività finanziarie in generale, un altro fenomeno che ha contribuito a spingere al ribasso i rendimenti obbligazionari.
L'attrattiva delle obbligazioni sicure è destinata a proseguire ora che il mondo è alle prese con l'indebolimento dell'attività economica nelle varie regioni. Al contempo, le pressioni economiche globali legate ai già citati temi del rallentamento della crescita demografica, dell'invecchiamento della forza lavoro e dell'innovazione tecnologica continueranno. Il contesto caratterizzato da bassi rendimenti sembra destinato a restare con noi per un bel po' di tempo.
In particolare, dopo più di un decennio, una porzione attentamente monitorata della curva dei rendimenti dei Treasury USA ha registrato un'inversione. Ad agosto, i rendimenti dei Treasury decennali sono scesi sotto quelli biennali per la prima volta dall'inizio della grande crisi finanziaria del 2007. Unitamente ad altri segnali economici e di mercato, questa particolare tipologia di inversione della curva dei rendimenti è vista come il prodromo di una recessione.
Gli investitori devono preoccuparsi? Una curva dei rendimenti invertita è chiaramente uno sviluppo ribassista, in quanto indica che molti investitori nutrono maggiore fiducia nella crescita a breve termine che non in quella a lungo termine. Inoltre, tutte le recessioni americane degli ultimi 50 anni sono state precedute da un'inversione della curva.
Eppure, la storia mostra anche che la discesa dei rendimenti decennali sotto quelli biennali non giustifica una reazione di panico immediata. In molte occasioni si è verificato uno sfasamento temporale tra l'inversione e l'inizio di una recessione, pari in media a 16 mesi. Gli indicatori economici e di mercato consentono di sentire il polso dell'economia statunitense. Una o due rilevazioni negative potrebbero essere del tutto irrilevanti. Ma quando diversi indicatori cominciano a far lampeggiare le spie d'allarme per un periodo di tempo prolungato, il quadro diventa più chiaro e ben più significativo. Quel momento non è ancora arrivato.
Benché si stiano sviluppando alcuni squilibri, i livelli non sembrano estremi al punto da far deragliare la crescita economica statunitense nel breve termine. A far affondare un giorno l'attuale fase di espansione potrebbero essere i soliti noti: un'escalation delle guerre commerciali, la discesa della fiducia di consumatori e imprese o i livelli d'indebitamento insostenibili.