21/07/2016

UBP: Turchia, le conseguenze del golpe sui mercati

Di seguito l'intervento a cura di Karine Jesiolowski, Senior Investment Specialist – EM Fixed Income e Koon Chow EM Macro and FX strategist di Union Bancaire Privé

Dall’incertezza politica in Turchia, creatasi in seguito al golpe del 14 luglio, ci aspettiamo volatilità nel breve termine, ma un impatto limitato nel lungo periodo sugli asset Fixed Income dei Mercati Emergenti.

Inizialmente la reazione dei mercati è stata negativa, ma senza segnali di panico. L’impatto di questo fallito colpo di stato sui fondamentali dell’economia turca sarà probabilmente moderatamente negativo, e potrebbe portare a un downgrade del Paese. Il danno principale che ne conseguirà sarà una maggiore cautela da parte degli investitori locali e internazionali e ciò potrebbe ostacolare alcuni investimenti e la crescita del PIL.

Ci sono però dei fattori che potrebbero annullare, anche se non compensare del tutto, gli impatti negativi del fallito colpo di stato.

La crescita del PIL, ad esempio, è stata più solida nel primo trimestre rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, attestandosi al 4,8%, aiutata sia da una spesa del governo forte, sia dall’export. È probabile che, anche con l’impatto negativo del golpe sulla fiducia, il PIL cresca comunque intorno al 4% nel 2016 (contro le aspettative di S&P del 3,5% e di Fitch e Moody’s del 3,4%).

Il deficit delle partite correnti poi ha continuato a ridursi, aiutato da esportazioni robuste e da prezzi del petrolio relativamente contenuti, attestandosi attualmente al -3,7% del PIL. Tale dato è già migliore di quanto si aspettassero le agenzie di rating per quest’anno: S&P si attendeva un -4,3%, Fitch un -3,5% e Moody’s un -4%.

Il Governo infine è riuscito a portare a termine alcune riforme quest’anno, come la legislazione sul lavoro che facilita assunzioni e licenziamenti e introduce contratti flessibili per giovani e donne, oltre ad alcune facilitazioni circa la legislazione delle imprese.

In seguito al golpe, però, potrebbero verificarsi due fattori di rischio per il Paese. Innanzitutto, la fiducia delle imprese locali ed estere potrebbe abbassarsi per via dei timori circa una società turca instabile, spingendole quindi a investire meno e, nel caso di investitori stranieri, a portare meno capitali nel paese. In secondo luogo, il Governo di Erdogan sta cercando di “far pulizia” di tutti i cospiratori e sostenitori del golpe e, a seconda della preparazione di coloro che sostituiranno i giudici arrestati, il bilanciamento fra i poteri potrebbe uscirne ridotto sia dal punto di vista del privato che del pubblico, col risultato di peggiorare il sistema giudiziario.

Entrambi questi fattori di rischio per i fondamentali non si realizzeranno necessariamente. Tuttavia, se nei prossimi mesi dovessimo assistere a un rapido deterioramento della crescita del PIL o a importanti deflussi di capitali unitamente a un rapido deprezzamento della moneta (ad esempio del 10% l’anno), la probabilità e l’entità della sofferenza economica derivante da questi due fattori aumenterà e di conseguenza crescerà il rischio di un downgrade del Paese.

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