Wall Street ha chiuso ieri con un rialzo dello 0,74% finendo a 2733,01 (grafico a destra) sulle dichiarazioni del segretario al Tesoro Mnuchin sul blocco dell’imposizione di dazi tra Stati Uniti e Cina in attesa della chiusura di un accordo per la riduzione del disavanzo commerciale americano. L’indice rimane ancora sotto al massimo della scorsa settimana, ma tecnicamente ha spazio sino a 2760 se che muti il trend laterale principale.
In leggero ribasso invece i mercati azionari asiatici con Seul e Hong Kong chiuso per festività: il rafforzamento del dollaro sta spingendo gli investitori a ridurre le posizioni sui mercati emergenti.
Il dollaro appare senza trend contro le commodity currencies come il dollaro canadese, ma si sta rafforzando contro lo yen, questa mattina a quota 111 e contro l’euro, indebolito dalla situazione politica italiana. La valuta europea ha però dato ieri un buon segnale di inversione andando a toccare l’obiettivo tecnico a 1,1710 per poi andare a chiude sui massimi della giornata vicino a quota 1,180 e anche se questa mattina perde nuovamente terreno sta dando l’impressione di voler tentare un rimbalzo che dovrebbe portarlo verso quota 1,1950.
Stabile il mercato dei Treasurys con il rendimento del decennale fermo a 3,06% e quello del titolo a due anni a 2,57% mentre prosegue il rialzo del petrolio WTI: il Brent si è fermato a quota 79,50 dollari al barile mentre il WTI fa segnare questa mattina un nuovo massimo dell’anno a 72,7 riducendo lo spread tra i due contratti.
Anche oggi non avremo dati macro significativi e dovremo attendere domani per leggere le minute dell’ultima riunione della banca centrale americana. Si attende qualche notizia dal Quirinale circa l’incarico per la formazione di un nuovo governo, ma lo scenario più negativo per l’euro e il mercato azionario sembra già scontato.