29/11/2016

Studio Eurosif: l'evoluzione degli approcci SRI

Nel mese di novembre è stato pubblicato lo “European Study 2016” a cura dall’Eurosif. Si tratta della settima edizione dello Studio, che mette in evidenza le pratiche di Investimento Sostenibile e Responsabile e i trend in Europa e nei 13 Paesi analizzati.

“L’investimento sostenibile e responsabile ("SRI") è un approccio di investimento orientato al lungo termine che integra i fattori ESG nella ricerca, nell’analisi e nel processo di selezione titoli all'interno di un portafoglio di investimento. Esso combina l'analisi fondamentale e l’engagement con una valutazione dei fattori ESG, al fine di generare nel lungo termine maggiori rendimenti per gli investitori e di consentire alla società di trarne beneficio influenzando il comportamento delle aziende”

Questa definizione è stata coniata nella prima metà del 2016 per riflettere il cambiamento nella governance e nella rinnovata mission dello stesso Eurosif. La definizione rimane in linea con l'obiettivo originale dello studio di coprire qualsiasi tipo di processo di investimento che combina gli obiettivi finanziari degli investitori con il loro interesse per i temi ESG.

Come già trattato in precedenti articoli, l’Eurosif da anni ha tracciato le sette strategie identificate come investimento SRI:

1.       Exclusion
2.       Norm-Based screening
3.       Best in class
4.       Sustainability themed investments
5.       ESG integration
6.       Engagement and voting
7.       Impact Investment

Queste strategie possono essere applicate singolarmente o in modo aggregato.

Quello che emerge dal report del 2016 è che confrontando i dati del 2015 e del 2013, in due anni c’è stata una forte crescita del mercato SRI Europeo.

Tabella 1. Market Growth by Strategy (fonte Eurosif)

Come si evince dalla tabella 1, la strategia che ha visto un aumento più marcato a livello europeo è quella dell’impact investment. Infatti analizzando il CAGR (Compound Annual Growth Rate, cioè il tasso annuo di crescita), scopriamo che tutte e sette le strategie sono cresciute, con tassi che variano da un minimo del 14%, per quanto riguarda la strategia dell’Engagement, al 57%, relativo ai temi sostenibili, sino a un massimo di 120% dell’impact investing.

In termini di crescita di mercato, osserviamo che a livello europeo gli investimenti SRI sono cresciuti in modo consistente in tutte le strategie.
La strategia dell’esclusione a livello europeo è ancora quella dominante, con oltre 10 mila miliardi di euro investiti. Tra i vari Stati troviamo al primo posto la Svizzera, mentre il Regno Unito ha registrato la più alta crescita (296%). Se considerassimo come esclusioni volontarie tutto ciò che è legato ai settori delle munizioni e delle mine anti-uomo, copriremmo già l’80% del totale delle esclusioni.

La seconda strategia più usata è la cosiddetta Norms-based screening,  con oltre 5 mila mld di euro di asset under management. La crescita di questa strategia è evidente anche al di fuori delle regioni nordiche, dove per anni è stata la più popolare, con picchi in Francia e Paesi Bassi. Al terzo posto in termini di AUM troviamo l’Engagement and voting, con più di 4 mila mld di euro e una crescita del 30%.

La quarta strategia più diffusa è la ESG Integration che accusa un ritardo importante rispetto alle precedenti, con 2,6 mila miliardi di euro.

Le restanti strategie sono molto meno rappresentate in Europa, anche se va detto che in questi due anni l’Impact Investing e i Temi sostenibili sono quelle che hanno avuto lo sviluppo maggiore: l’impact investing è infatti cresciuto del 385%, passando da 20 mld di euro nel 2013 a 98 mld in 2 anni, mentre la strategia dei temi sostenibili nel 2015 è cresciuta del 146% grazie soprattutto ad una serie di eventi importanti e accordi internazionali che hanno fatto si che questo approccio diventasse una delle principali strategie degli investitori. I temi principali sono  legati prevalentemente all’efficienza energetica e alle energie rinnovabili, soprattutto in conformità alla COP21.

A livello di singola strategia, vi sono stati più o meno rappresentati. Se consideriamo però la combinazione di tutte quante le strategie, notiamo che la Francia è in vetta alla classifica con oltre 3 mila miliardi di euro di AUM investiti in strategie SRI, seguita a distanza da Germania (1700 mld), Regno Unito e Svizzera, che raccolgono ciascuno circa 1500 mld di euro.

Per quanto riguarda gli investitori, benchè gli investitori istituzionali guidino ancora il mercato, si è registrata un’importante crescita del settore retail, che è in due anni è passato da 3,40% al 22%. Un ottimo esempio è quello offerto dal Belgio dove l’investimento da parte dei privati – come la High Net Worth Individuals, HNWI, ossia le persone che possiedono un patrimonio netto cospicuo - e gli sviluppi di nuovi prodotti finanziari da parte delle case di gestione, stanno facendo la differenza.

Tabella 2. Retail/Institutional breakdown by country (fonte Eurosif)

Infine analizzando le asset class in cui si può investire, si osserva che la componente azionaria è diminuita drasticamente, tanto che a livello europeo nel 2015 essa rappresenta poco più del 30%, quando 2 anni fa era oltre il 50% e retrocedendo così ai livelli del 2011 e del 2009. Al contrario, la componente obbligazionaria è notevolmente aumentata, passando dal 40% registrato nel 2013 al 64% nel 2015. Questo aumento è in parte giustificabile dall’ondata di green bond.

I dati che emergono da questo studio testimoniano che il tema SRI non è più solo una moda, ma una realtà importante dell’Asset Management.

Ad esso viene dedicato un numero sempre maggiore di eventi per sensibilizzare l’investitore e renderlo consapevole delle opportunità offerte dalle diverse case di gestione che cercano di dare all’industria del risparmio gestito un’impronta socialmente responsabile.

A novembre è stata inaugurata la prima edizione del Salone dello SRI con protagonisti d’eccezione: Raiffeisen Capital Management, Sella Gestioni, Symphonia Sgr, Etica Sgr, Degroof Petercam AM, Candriam, BNP Paribas, Azimut AM e Aberdeen.

Paolo Capelli, responsabile risk management di Etica Sgr, all’interno dello European SRI Study 2016 ha rilasciato un’intervista nella quale spiega come opera il modello proprietario sviluppato per misurare il rischio ESG.
Prima di tutto l’area Ricerca, composta da un team di analisti interni, seleziona le aziende dell’universo investibile dei fondi di Etica, assegnando loro un punteggio ESG. Questo processo non identifica tanto il rischio finanziario, quanto quello reputazionale. Si tratta di un fattore importante visto che in alcuni casi il danno reputazionale di una società può tradursi in una perdita di valore dei suoi titoli azionari e obbligazionari, correlazione che si verifica in special modo quando ci troviamo di fronte a small e mid caps.
Successivamente tali punteggi ESG sono utilizzati per calcolare il punteggio medio di ogni fondo, che rappresenta un giudizio sulla qualità ESG dei portafogli e non una misura di rischio in senso stretto. Un terzo aspetto riguarda la stima della perdita finanziaria del portafoglio azionario per effetto dei soli fattori di rischio ESG. Con questo modello Etica Sgr riesce a stimare che il rischio della sola componente ESG ammonta a circa il 5-10% del rischio complessivo.
Infine, è prevista la creazione di una misurazione puramente statistica che è strettamente correlata al rischio finanziario e che usa una funzione basata sul livello dei punteggi ESG e la loro distribuzione nei portafogli dei fondi. Il risultato è molto interessante: a livello di settore, e non di singolo titolo, esiste una forte corrispondenza statistica tra il rischio ESG e il rischio finanziario. Questo implica l'esistenza di una stretta correlazione tra la selezione ESG e la riduzione del rischio finanziario.

Un’altra testimonianza è quella rilasciata da Ophélie Mortier, Responsible Investment Strategist di Degroof Petercam, relativa all’integrazione delle variabili ESG nelle decisioni di investimento.
Questo processo di investimento si basa sulla fatto che bisogna riconsiderare l’analisi finanziaria tradizionale e guardare le aziende da un punto di vista olistico. L’obiettivo è quello di considerare tutti gli stakeholders che possono essere influenzati dall'attività economica di un'azienda. Il settore finanziario si è accorto di quanto sia importante considerare le tematiche ESG come parte della valutazione finanziaria di una società. Tuttavia, ci sono ancora alcuni ostacoli all'integrazione dei criteri extra-finanziari in un processo di investimento, fra i quali l'accesso alle informazioni, la materialità dei criteri e l’affidabilità dei dati. In ogni caso, i progressi che sono stati compiuti negli ultimi tre anni per migliorare le conoscenze e le competenze sono evidenti. Il risultato è una migliore metodologia di integrazione dei criteri ESG. La recente intenzione della Francia di attuare un piano per ridurre le emissioni di CO2 e il suo impatto sul prezzo della CO2 è un esempio importante di come gli investitori hanno riconsiderato l’analisi finanziaria tradizionale. I fondamentali delle aziende dovrebbero essere riesaminati in un quadro globale a lungo termine al fine di garantire la sostenibilità di questa “nuova finanza”, che alla fine sarà caratterizzata da maggiore stabilità, non solo a livello micro, ma anche a livello macroeconomico.

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